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I FANATICI DELLA POLITICA - BENVENUTI
10/07/2013 LA CONDANNA DEL "NOSTRO"
Oggi campeggia su tutti i giornali la notizia che la Cassazione ha anticipato al 30 luglio il giudizio nel processo Mediaset nei confronti del "nostro", condannato in appello a quattro anni di reclusione e a cinque di
interdizione dai pubblici uffici. Sarà il terzo e definitivo grado di giudizio per la giustizia italiana, ma c'è un "ma"; per diventare esecutiva la sentenza nel caso di conferma della condanna si deve acquisire il voto favorevole della giunta
delle elezioni e dell'immunità e il voto dell'aula del Senato. Mentre il primo appare quasi scontato perché PD, SEL e M5S hanno la maggioranza piena e il voto è palese, il secondo non è così scontato perché, pur avendo
PD, SEL e M5S anche qui la maggioranza, il voto in quest'aula è segreto e, dunque, può accadere di tutto perché anche nello schieramento politico di cui sopra vi sono senatori votati a tutto pur di non far naufragare il governo delle larghe
intese. Un amico, che non reputo più tale, mi ha detto che tutto questo è frutto del garantismo che vige nel nostro Paese. Ho risposto che per me si tratta di cretinismo puro.
2 luglio 2013 AGGIUNGERE VITA AGLI ANNI AGGIUNTI ALLA VITA
"AGGIUNGERE VITA AGLI ANNI AGGIUNTI ALLA VITA" Il dipartimento EDA dello SPI CGIL provinciale di Brindisi che lo scrivente ha la responsabilità
di presiedere, in data 15 aprile u.s., ha approvato e deciso di proporne la realizzazione alle Leghe disponibili l'iniziativa dal titolo: "PIÙ VITA AGLI ANNI AGGIUNTI ALLA VITA". Trattasi di una serie di incontri e dibattiti pubblici
da tenersi nelle Leghe disponibili, rivolti agli iscritti allo SPI CGIL, all'AUSER e ai cittadini interessati. L'iniziativa ha un titolo che entra a gamba tesa nell'area delle rivendicazioni che un sindacato come il nostro (un sindacato di pensionati, cioè,
di persone appartenenti ad una fascia di cittadini sempre più numerosi e sempre più anziani) fa nei suoi vari campi d'intervento. L'oggetto di fondo, che sottende il titolo, è la tutela dei diritti ancora riconosciuti
e l'affermazione di nuovi diritti per gli anziani. È necessario, in primo luogo, evidenziare il bisogno/problema che giustifica questa iniziativa, considerato che essa è rivolta ad una particolare fascia di destinatari,
quale sono gli anziani, di varia formazione ed estrazione culturale e sociale e di diverse ambizioni e prospettive per il loro futuro. In sintesi, gli anziani, ma potremmo dire noi anziani, siamo però accomunati dalle medesime esigenze che si
traducono nei seguenti obiettivi posti alla base di questa l'iniziativa: 1) Prendere coscienza e/o riflettere sugli scenari sovranazionale, nazionale e inevitabilmente anche territoriale nei quali si muove il problema della tutela dei
diritti ancora riconosciuti e dell'affermazione dei nuovi diritti per gli anziani; 2) Acquisire e/o rinforzare la consapevolezza in tutti noi della necessità di una definizione del ruolo dell'anziano in direzione della tutela dei suoi diritti
e dell'affermazione di nuovi diritti per contribuire alla crescita intelligente dell'ambiente in cui si muove, il territorio su cui vive, il paese, ecc.. È perciò d'obbligo
fare i richiami che seguono sui trattati, anche sovranazionali. Essi sono necessari per gli obiettivi posti all'iniziativa e per le cose che dirò dopo. Iniziamo dunque dal Trattato di Lisbona, che ufficialmente è denominato: "Trattato
di Lisbona che modifica il trattato sull'Unione europea e il trattato che istituisce la Comunità europea". Questo trattato è stato firmato il 13 dicembre 2007 dai 27 capi di Stato e di Governo degli Stati membri della UE ed è
entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Esso, come dice il titolo ufficiale, ha modificato i due trattati fondamentali dell'Unione richiamati: Il Trattato di Maastricht, o Trattato sull'Unione Europea, firmato il 7 febbraio 1992 a Maastricht, e il Trattato che istituisce
la Comunità europea, così come modificato da Maastricht, che deriva dai trattati firmati a Roma il 25 marzo 1957 e a Parigi il 18 aprile 1951 (rispettivamente: trattati che istituiscono la Comunità economica europea e la Comunità
europea dell'energia atomica, i primi, e la Comunità europea del carbone e dell'acciaio, il secondo). Non è il caso di elencare
qui le novità introdotte dal Trattato di Lisbona, che regolerà la vita dei Paesi della UE nei prossimi anni, né di fare l'elenco delle principali novità (non si vuole discettare sul Trattato di Lisbona che in ogni caso è
riportato nell'allegato 1 che segue) ma è necessario sottolineare solo quella che è più direttamente interessante per il nostro tema. Il Trattato di Lisbona include sotto forma di allegato la Carta dei diritti fondamentali
dell'UE del 7 dicembre 2000, adottata il 12 dicembre 2007 a Strasburgo, pur non avendone incorporato il testo. Il Consiglio europeo di Colonia del 3 e 4 giugno 1999 dette mandato ad una Convenzione di redigere il testo di tale fondamentale documento per il
futuro della UE. A questa Convenzione hanno preso parte i rappresentanti delle varie istituzioni europee e per l'Italia come rappresentante fu mandato il nostro giurista Stefano Rodotà, non a caso considerato tra i più importanti esistenti
in Italia. allegato 1 Trattato di Lisbona: - Il presidente dell'Ue sarà una carica permanente: nominato dal
Consiglio Europeo resta in carica due anni e mezzo ed è rinnovabile per un mandato. Il belga Herman Van Rompuy è il primo ad assumere questa funzione. - Il ministro degli Esteri: designato dal Consiglio Europeo, è
anche vicepresidente della Commissione Ue ed è quindi soggetto all'approvazione del Parlamento. La britannica Catherine Ashton è la prima a svolgere questo ruolo e potrà contare sul nascente servizio diplomatico Ue. - Il voto
a maggioranza qualificata: termina la possibilità, per un Paese membro, di esercitare il diritto di veto in Consiglio su oltre 40 materie. L'unanimità resta necessaria solo in alcuni casi, tra i quali le decisioni su politica estera
e di sicurezza (Pesc-Pesd) e sul fisco. Dal 2014 il sistema di voto sarà a doppia maggioranza, basato sul 55% dei paesi, in rappresentanza del 65% della popolazione. - Un Parlamento più forte: attraverso l'estensione della
procedura di co-decisione il voto del Parlamento Ue, oltre a quello del Consiglio, diventa decisivo per l'approvazione di una grande maggioranza di norme europee (agricoltura, bilancio, ecc.). Il numero dei parlamentari sale da 736 a 751 (754 fino a fine
legislatura), i posti per l'Italia passano da 72 a 73. - Parlamenti nazionali: potranno bloccare l'iter normativo Ue se, entro 8 settimane, verificheranno che le proposte avanzate non rispettano il principio di sussidiarietà. - Diritto di iniziativa popolare: un milione di cittadini può chiedere a Bruxelles di presentare una proposta normativa Ue. - La Carta dei Diritti Fondamentali acquisisce lo stesso valore giuridico dei Trattati
e la Corte di giustizia Ue può essere chiamata a pronunciarsi sul suo rispetto. - Le materie di immigrazione e giustizia entrano a far parte del diritto comune Ue e delle competenza della Corte di giustizia; le norme sono soggette
a voto a maggioranza e co-decisione. - L'Eurogruppo diventa un'istituzione informale Ue con un presidente eletto a maggioranza per due anni e mezzo. - Cooperazione forzata: all'unanimità i
Paesi Ue possono decidere che un gruppo di almeno 9 Stati forma un'avanguardia e procede a una maggiore integrazione in determinati settori. - Cooperazione nella Difesa: può essere costituita da un gruppo di Paesi nell'ambito della
politica di difesa per integrare le loro forze armate o parti di esse. - Clausola di solidarietà: su richiesta di un Paese membro gli altri devono andare in suo aiuto in caso di aggressione armata, attacco terroristico, calamità
naturale. - Clausola di uscita: un Paese può uscire dall'Ue negoziando le condizioni con i partner. - Nuove competenze: l'Ue acquisisce competenze in materie come lo sport, il turismo, la protezione dei dati
personali e della proprietà intellettuale, l'energia, la salute pubblica. - Sanzioni pecuniarie: la Corte di giustizia Ue può infliggere multe più velocemente e in più casi quando un Paese risulti inadempiente.
L'art. 6 del Trattato di Lisbona recita, infatti, testualmente : "L'Unione riconosce i diritti, le libertà e i principi sanciti nella Carta
dei diritti fondamentali dell'Unione europea, che ha lo stesso valore giuridico dei trattati". Quest'articolo conferisce alla Carta, in tal modo, un carattere giuridicamente vincolante all'interno dell'ordinamento dell'Unione per tutti i Paesi che
ne fanno parte e la Corte di giustizia Ue può essere chiamata a pronunciarsi sul suo rispetto. La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea riprende in un unico testo, per la prima volta nella storia dell'Unione europea,
i diritti civili, politici, economici e sociali dei cittadini europei nonché di tutte le persone che vivono sul territorio dell'Unione. Questi diritti sono raggruppati in sei grandi capitoli: - Dignità
- Libertà
- Uguaglianza
- Solidarietà
- Cittadinanza
- Giustizia
E qui è d'uopo venire al punto nevralgico del nostro tema: all'art. 25 del capo III sull'uguaglianza si legge:
" L'Unione riconosce e rispetta il diritto degli anziani di condurre una vita dignitosa e indipendente e di partecipare alla vita sociale e culturale." Sottolineo il riferimento
al diritto alla dignità della persona. Il principio della dignità della persona non è solo presente in questo documento europeo al primo capitolo e poi all'art. 25 succitato, ma ha pervaso di sé tutto il costituzionalismo venuto
dopo gli orrori della seconda guerra mondiale e, per primo, la nostra ineguagliata e ineguagliabile Costituzione Repubblicana del 1948.
Il concetto esplicitato nell'art. 25 del capo III della Carta lo ritroviamo tra le riga della strategia EUROPA 2020, messa a punto dalla Commissione europea a Bruxelles il 3 marzo 2010, che ci accompagnerà fino al
2020. Tra le tre priorità fissate da detta strategia: crescita intelligente, crescita sostenibile e crescita inclusiva il concetto esplicitato dall'art. 25 è presente tra le righe di quest'ultima che ha il senso che segue: - crescita
inclusiva, che vuol dire un'economia con un alto tasso di occupazione capace di favorire la coesione economica, sociale e territoriale.
Ma, andando ancora più indietro nel tempo, agli
albori del riscatto dei diritti degli anziani, tale concetto lo ritroviamo nella Risoluzione n. 46/91 con la quale l'Assemblea generale dell'ONU il 16/12/1991 ha approvato i Principi sugli anziani. Lì si legge appunto
la frase scelta come titolo di queste iniziative: " aggiungere vita agli anni aggiunti alla vita ". In questa frase è racchiuso, infatti, tutto il senso delle iniziative e ineludibilmente essa evidenzia il bisogno emergente nella società contemporanea
di cui sono portatori gli anziani, bisogno che è tutt'intero racchiuso in un sottotitolo che potremmo dare al progetto di iniziative: "non solo sopravvivenza ma tutela dei diritti e affermazione di nuovi diritti per gli anziani".
In Italia un'altra grande conquista è arrivata nel 1995 con la nascita della “Carta dei diritti degli anziani” (riportata integralmente nell'allegato 2), nata sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica
e con il Patrocinio degli Organi Istituzionali che ha conferito agli anziani la condizione di categoria “salvaguardata”. Ma, ahimè, se solo si scorrono i 10 articoli di questa Carta ci si rende conto di quanta strada c'è ancora da
percorrere per conquistare il "Diritto degli anziani ad accedere alla “qualità totale” del vivere umano in cui consiste la sostanza del bene comune." che è il disposto dell'art. 1. allegato
2
Carta dei diritti degli anziani: Articolo 1 Diritto degli anziani ad accedere alla “qualità totale” del vivere umano in cui consiste la sostanza del bene comune. Articolo
2 Diritto al mantenimento delle condizioni personali dell’anziano al più alto grado possibile di auto sufficienza sul piano mentale, psichico e fisico. Articolo 3 Diritto alle cure preventive e riabilitative
di primo, secondo e terzo grado. Articolo 4 Diritto ad ottenere gratuitamente le cure e gli strumenti necessari a restare in comunicazione con l’ambiente sociale e ad evitare il degrado fisico e psichico: protesi acustiche
e dentarie, occhiali e altri sussidi atti a conservare la funzionalità e il decoro della propria persona. Articolo 5 Diritto a vivere in un ambiente familiare ed accogliente. Articolo 6 Diritto
ad essere accolti nei luoghi di ricovero alloggiativo od ospedaliero da tutto il personale, compresi i quadri dirigenti, con atteggiamenti cortesi, premurosi, umanamente rispettosi della dignità della persona umana. Articolo 7
Diritto degli anziani ad essere rispettati ovunque nella loro identità personale e a non essere offesi nel loro senso di pudicizia, salvaguardando la loro intimità personale. Articolo 8 Diritto ad avere garantito
un reddito che consenta non solo la mera sopravvivenza, ma la prosecuzione di una vita sociale normale, integrata nel proprio contesto ed in esso il diritto all’autodeterminazione e all’autopromozione. Articolo 9 Diritto
a che le potenzialità, le risorse e le esperienze personali degli anziani vengano valorizzate ed impiegate a vantaggio del bene comune. Articolo 10 Diritto a che lo Stato – con il generoso apporto del volontariato
e la paritaria collaborazione del settore non-profit – predisponga nuovi servizi informativi-culturali e strutture atte a favorire l’apprendimento di nuove acquisizioni mirate a mantenere gli anziani attivi e protagonisti della loro vita, nonché
partecipi dello sviluppo civile della comunità. Premesso quanto sopra c'è da tenere in considerazione che l'invecchiamento della popolazione sta subendo una forte accelerazione nel mondo,
anche se è di recentissima acquisizione l'idea in Europa che se la crisi spaventosa che l'attraversa continua in tutti i Paesi a falcidiare le risorse da devolvere alla cura della salute, tale accelerazione non sarà più continua come è
stata negli anni passati. Nel 2012 in Europa gli ultrasessantacinquenni sono più di 90.000.000 su una popolazione di circa 503.700.000, pari al 18% circa; in Italia sono 12.385.000 circa su una popolazione di circa 59.434.000, pari al 20,8% in
costante aumento dal 2002; in Puglia sono più di 811.000 su una popolazione di 4.052.000 circa, pari al 20% circa; in provincia di Brindisi sono 76.297 su una popolazione di 400.504 abitanti, pari al 18,93% e continua a crescere anche la speranza di
vita alla nascita, cioè la vita media che un bambino alla nascita può ancora vivere considerando i rischi che corre nel suo percorso di vita. In Europa la speranza di vita è per i maschi 76,1 e per le femmine 82,2; in Italia secondo i
dati del censimento 2011 è per i maschi 78,8 e 84,1 le donne; in Puglia 79,7 maschi e 84,4 femmine; in provincia di Brindisi 79,7 i maschi e 84,5 le femmine. Sottolineo che le persone di oltre 100 anni erano 6.313 nel 2001 (1.080 maschi e 5.233 femmine),
mentre nel 2011 ne sono state censite 15.080, con una percentuale di donne pari all'83,7%. Mi sembra anche doveroso accennare che a questi dati si accompagna un altro fenomeno importante che è quello della diminuzione della popolazione
attiva con conseguente aumento del numero di pensionati. Dunque, se si vuole concretamente rispondere alle esigenze poste dai trattati internazionali richiamati sopra, ma anche e soprattutto ai bisogni emergenti di questa sempre più numerosa popolazione,
dobbiamo far si che essa giochi un ruolo importante nella società contemporanea. Ciò, preliminarmente, richiede da parte sua il massimo della consapevolezza sui problemi esistenti, ma anche la determinazione a giocare un ruolo
attivo nella rivendicazione dei propri diritti, che non devono essere depredati, e nell'affermazione di nuovi diritti con l'occhio rivolto all'esigenza di contribuire alla crescita intelligente dell'Europa, del nostro Paese e per ciò che ci riguarda
più da vicino del nostro territorio. Ma quali sono i diritti degli anziani oltre a quello generale di vivere bene con se stessi e con gli altri? Il diritto di vivere bene con se stessi e con gli altri si articola infatti
ovviamente con altri diritti vecchi e nuovi quali: 1) il diritto ad un reddito dignitoso; 2) il diritto ad un sistema sanitario ed assistenziale efficiente ed efficace che guardi non solo alle emergenze ma anche a prevenire
il futuro e costruire il benessere degli anziani; 3) il diritto a partecipare alla vita sociale contribuendo attivamente alle scelte; 4) il diritto a vivere in un ambiente a loro misura e sano, comprese le abitazioni; 5)
il diritto ad una formazione e istruzione permanete per tutto l'arco della vita; 6) il diritto ad un'informazione accessibile compreso l'accesso ad INTERNET e agli altri strumenti che veicolano le informazioni e, naturalmente, 7)
il diritto a non essere esclusi dalla gamma di diritti nuovi che si vanno profilando anche per gli anziani. -----Il primo di questi diritti nuovi, che per molti versi va considerato nuovo nella distratta società contemporanea
nella quale siamo immersi, è quello che gli anziani vogliono vivere la vecchiaia come un'opportunità per se stessi e per gli altri. Gli anziani vogliono essere considerati una risorsa per la società e non un peso, non
una zavorra da rottamare (brutto verbo che neppure chi lo ha utilizzato per primo rivolgendolo ai politici ha ancora il coraggio di usarlo) o da confinare in un lager. Essi vogliono condurre una vita attiva per gli anni che hanno di fronte e dunque accedere
anche ai nuovi diritti che si vanno profilando nello scenario del diritto. A proposito di vecchi e nuovi diritti riporto qui una pensiero che Stefano Rodotà ha inserito nel suo intervento alle "Lezioni Norberto Bobbio" - Torino 25/10/2004:
"Così, un'espressione come "nuovi diritti" dev'essere considerata, a un tempo, accattivante e ambigua. Ci seduce con la promessa di una dimensione dei diritti sempre capace di rinnovarsi, di incontrare in ogni momento una realtà in continuo
movimento. Al tempo stesso, però, lascia intravedere una contrapposizione tra diritti vecchi e diritti nuovi, come se il tempo dovesse consumare quelli più lontani, lasciando poi il campo libero ad un prodotto più aggiornato e scintillante.
Si parla di "generazioni" dei diritti, e questa terminologia, identica a quella in uso nel mondo dei computer potrebbe indurre a ritenere che ogni nuova generazione di strumenti condanna all'obsolescenza e all'abbandono definitivo tutte le precedenti."
Non deve essere così, dobbiamo bloccare questa deriva perché i nuovi diritti si devono semplicemente giustapporre ai vecchi diritti. Dunque, dobbiamo lottare per difendere e mantenere i vecchi diritti e lottare per
affermare i nuovi. La nostra generazione è votata alla lotta, per formazione e per convinzione, ancorché anche questa nostra qualità in questa stagione sia da riscoprire. Nel titolo, ma anche nella frase carpita
alla Risoluzione n° 46/91 dell'ONU, "Aggiungere vita..." ha proprio questo indiscusso significato: l'anziano non può essere continuamente deprivato dei suoi diritti e dunque escluso al punto di non essere più considerato una persona, ma qualcosa
di altro che assomiglia sempre meno ad una persona. L'anziano non deve essere oggetto di una logica che gli conferisce sempre meno credibilità da parte delle assicurazioni, da parte del credito, da parte delle strutture sanitarie, da parte di ogni ambito
nel quale egli svolge la sua vita. L'anziano deve invece essere considerato alla stregua di ogni altra persona una persona umana ( dal greco πρόσωπον (prósōpon) che vuol dire maschera) con tutti i suoi problemi,
con la sua individualità e, dunque, anche con i suoi naturali acciacchi che per natura, per quanto rallentata dal progresso scientifico e tecnologico, intervengono sul suo cammino verso la vecchiaia. "Aggiungere vita agli anni aggiunti alla vita"
significa che dobbiamo salvaguardare per gli anziani i diritti che sono riconosciuti a tutte le persone, ma aggiungerne anche altri legati alle loro condizioni di cittadini e di anziani in un ambiente che è in continua e rapida trasformazione. Non solo
sopravvivenza, dunque, ma vita vera accompagnata dai diritti in modo che per l'anziano si realizzi la cittadinanza attiva. ------Sui nuovi diritti, che ripeto sono sempre in evoluzione, dobbiamo porre senza dubbio in primo piano, oggi,
quello che è stato considerato da tempo immemorabile il fondamentale dei diritti insieme a quelli che derivano dai principi, inalienabili ormai, che sono: la libertà, la democrazia e l'uguaglianza: il diritto alla salute. Tale
diritto va considerato nuovo, però, se va visto in un ottica completamente differente da quella tradizionale, ottica che pone il diritto alla salute come diritto umano anche per la vecchiaia, che deve
essere considerata oggi alla stregua di qualsiasi altra età della vita. In questa ottica il diritto alla salute non è un diritto antico, ma è un diritto che va sempre più affermato in relazione ai progressi che la biologia, la medicina
e in generale la tecno-scienza fanno in ogni campo che le riguarda, dunque, è un diritto sempre nuovo per le possibilità di accesso alle opportunità sanitarie nuove che lo sottendono, che non possono essere solo riservate a chi ha le disponibilità
economiche necessarie. Naturalmente in questa ottica vanno anche viste tutte le questioni legate alla bioetica, all'autodeterminazione e anche alla privacy e al "fine vita". Ma su tali temi il discorso si farebbe lungo e complesso. Possiamo
però appunto riassumerlo in un fatto dirimente: quando parliamo di diritti non possiamo non tener conto della parabola che nella storia del diritto ha avuto l'essere umano, considerato dapprima soggetto giuridico, poi persona giuridica, poi ancora semplicemente
persona con tutte le sue caratteristiche ed individualità. L'anziano o anche il vecchio non è altro che questo: persona umana con tutte le sue caratteristiche ed individualità sempre diverse ed originali. ------Ma un altro
diritto che può apparire antico e abusato, ma che a guardar bene non lo è, è il diritto degli anziani a vedere attuati e senza alcuna limitazione in tempi rapidi, i diritti già riconosciuti e sanciti nei documenti
nazionali e internazionali che li riguardano. In tempi rapidi perché la vita, per quanto in continuo allungamento, è comunque sempre breve e paragonabile ad un soffio se ci riferiamo a tempi di durata delle epoche o delle ere o addirittura
dell'eternità e per gli anziani è meno di un soffio. Non c'è niente di peggio che scrivere nei testi dei discorsi importanti, delle leggi, dei trattati internazionali, delle Costituzioni parole bellissime, tranquillizzanti ed accattivanti
e poi farle inaridire tra la polvere degli scaffali di una libreria. Infine, va riaffermato questo fondamentale concetto che ci consente di guardare con occhio diverso alla storia dei diritti e ci dà lo sprone ad ingaggiare una lotta senza quartiere
per tutelare e affermare i diritti degli anziani: la persona e l'ambiente che lo circonda (divenuto globale), che con l'ausilio della tecnica e della scienza sono capaci di raggiungere traguardi sempre più in là, sono in continua
trasformazione e, dunque, anche la sfera dei diritti della persona con la sua individualità non può che essere in continuo aggiornamento, in continuo movimento, e, per dirla ancora con le parole di Stefano Rodotà, non può che esserci
sulla materia dei diritti un "Costituzionalismo globale per una costituzione infinita".
12/05/2013-----------------------GLI SCHERZI DELLA POLITICA
A proposito dell'elezione di Guglielmo Epifani a segretario (traghettatore) del PD posso dire che conosco Guglielmo da molto tempo. Da quando era in auge il PSI e lui già era ai massimi livelli del gruppo dirigente della CGIL, numero due prima
di Trentin e poi di Cofferati. Dopo Cofferati ha guidato la CGIL con passione ideale e con grande saggezza consegnandola poi incontaminata e più forte alla Camusso. Ora, deputato del PD, vorrei che continuasse la sua esemplare storia e portasse il PD
a rinsavirsi. So che è un compito arduo quello che gli assegno, anche perchè temo che si sia fatto cambiare lui. Spero di sbagliarmi. Una riflessione, però, mi sembra d'obbligo ed essa interseca la
mia verità. Questa è che: tetro è l'orizzonte della nostra politica, ma l'uomo è movimento e dovrà iniziare a reagire (qualcosa già si vede) come un'onda barbarica che avanza inevitabilmente (per dirla con Alessandro
Baricco nel saggio sulla mutazione: I barbari). Questa politica non può sopravvivere e non possono sopravvivere i partiti immobili che la determinano, ma se ciò dovesse avvenire morirebbe l'uomo.
3/5/2013 IL DIRITTO ALL'INFORMAZIONE NELLA GIORNATA MONDIALE DELLA LIBERTÀ DI STAMPA
Come ho anticipato nell'intervento di ieri sulla Festa del Lavoro, voglio affrontare oggi un tema che interessa in maniera pregnante la sfera dei diritti, dunque la nostra Costituzione Repubblicana, tema che mi sta molto a cuore in un giorno come quello
odierno in cui si celebra la Giornata Mondiale della Libertà di Stampa. Il tema è: il diritto di informazione congiuntamente allo speculare diritto all'informazione di tutti noi. È
cosa ormai ampiamente nota che la nostra sessantacinquenne Costituzione Repubblicana, costruita sapientemente nel 1947 ed entrata in vigore il primo gennaio 1948, si prefigge di promuovere il pieno sviluppo della persona umana e la sua effettiva partecipazione
(dei lavoratori) alla vita democratica (all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese) riconoscendo e garantendo le libertà ai cittadini della Repubblica, coerentemente e armonicamente con quelli che sono i principi fondamentali in Essa contenuti che sono ormai universali (ricordo che la nostra Costituzione tra tutte quelle che sono seguite alla II guerra mondiale è
la più antica per età nell'ultimo dopoguerra ed è rimasta integra nei suoi principi fondamentali). Una di queste libertà è appunto compresa nel dettato costituzionale all'art. 21. Il primo comma di quest'articolo
recita: "Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione." Su questa libertà, consentitemi,
una riflessione. Lo stato liberale fu, di fatto, il primo a riconoscere in maniera compiuta il diritto a manifestare il proprio pensiero; lo fece attraverso l'abolizione della censura e l'affermazione della libertà di stampa. Queste
determinazioni sono state senz'altro le eredità fondamentali per i futuri ordinamenti democratici del XX secolo lasciati dallo stato liberale, dall'idea liberale. Infatti, è fondamentale ed innegabile che le costituzioni, cosiddette borghesi,
dei secoli XVIII e XIX (la dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino del 1789 in Francia, la Costituzione degli Stati Uniti d'America anch'essa entrata in vigore nel 1789 con i suoi emendamenti susseguitisi a partire dal 1791, lo Statuto Albertino
del 1848, sia pure con qualche correttivo che comunque non perde di vista l'esigenza primaria che è la tutela delle libertà: vedi l'Art. 28. – La stampa sarà libera, ma una legge ne reprime gli abusi.) considerino la libera
comunicazione dei pensieri e delle opinioni preziosi diritti per l’uomo. Il pensiero liberale riconosce peraltro che la libera circolazione delle idee è indispensabile per
la formazione di un’opinione pubblica consapevole e, per vari motivi, il legislatore dell''800 non interviene sulla spontanea divulgazione del pensiero politico né interviene a disciplinare la concorrenza tra i vari mezzi di comunicazione
di massa (data anche la esiguità delle masse capaci di seguire il diffondersi delle opinioni attraverso tali mezzi, alto analfabetismo, ecc.). Con il successivo diffondersi dell'idea democratica
non si assiste affatto ad una messa in discussione dei principi liberali in materia, ma all'avviarsi di un processo di ampliamento e di rielaborazione della libertà di manifestare il proprio pensiero in ogni forma, per renderla compatibile con
le finalità del nuovo ordinamento democratico. Resta e si rafforza la concezione della libertà di manifestare liberamente il proprio pensiero, come diritto fondamentale dell'individuo, ed emerge con forza
la dimensione partecipativa e democratica di tale libertà insieme alla necessità di innescare un processo continuo e virtuale di informazione e di formazione dell’opinione pubblica che ovviamente diventa più ampia e riguarda
l’intera cittadinanza e non una ristretta elite di gente istruita. C'è insomma un nuovo legame che l'informazione stringe e tale legame lo stringe con la democrazia e si fa sempre più saldo nel XX secolo, dopo due guerre mondiali
intervallate dal fascismo, legame che consente nel 1976 a N.Bobbio di definire la democrazia come il «governo del potere pubblico in pubblico». Tutta questa storia dell'informazione
consente di dare le gambe a frasi che oggi vengono usate, come questa: “senza libera informazione non vi è democrazia”, ma consente di dare le gambe anche alla necessità di riferire all'informazione parole come pluralismo e
imparzialità finalizzate alla formazione di un'opinione pubblica che sia consapevole della realtà, ma anche critica per poter meglio esercitare il diritto di cittadinanza. Il costituzionalismo
europeo seguito alla nostra Costituzione (la Legge fondamentale della Repubblica federale tedesca del 1949, la Costituzione spagnola del 1978, quella della Confederazione elvetica del 2000 ), la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948, la Convenzione
europea per la tutela dei diritti dell’uomo del 1950, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000 ed entrata in vigore nel 2009 con il Trattato di Lisbona, recepiscono in vario modo
questi concetti volti a garantire la libertà, il pluralismo e l'imparzialità dei media. In proposito devo sottolineare che in queste norme europee traspare una nuova sensibilità al problema della informazione (che
va anche oltre ciò che emerge dal nostro art. 21) sensibilità che non si limita alla regolazione della concorrenza e dei mercati, ma si spinge a garantire una protezione dinamica (di costante sprone e vigilanza) al pluralismo e alla libertà
dei media. Ma....Come funziona tutto ciò da noi? Certamente è una domanda intrigante alla quale sinceramente è arduo dare una
risposta compiuta. Perché se il diritto di informazione appare sufficientemente tutelato non mi sembra che lo sia altrettanto il diritto all'informazione. Eppure non possiamo non partire dalla convinzione che i due
diritti siano le due facce dello stesso problema. Nel 1994 la Corte costituzionale ha fornito una definizione precisa giuridicamente del diritto all'informazione emanando la sent. 7 dicembre 1994 n. 420 nella quale dichiara che è necessario "garantire
il massimo di pluralismo esterno, al fine di soddisfare, attraverso una pluralità di voci concorrenti, il diritto del cittadino all'informazione". Nonostante tale sentenza e tutte le norme costituzionali e non che ho richiamato prima,
è indubbio che l’informazione italiana sia profondamente assoggettata ai poteri politici ed economici poiché i gruppi editoriali dei maggiori quotidiani nazionali e dei canali radio-televisivi sono controllati da politici e da aziende.
Un elenco rapido di ciò: Il Corriere della Sera, la Gazzetta dello Sport, Radio 105, Radio Montecarlo e le case editrici Sonzogno, Sansoni, Rizzoli, Bompiani, Fabbri Editori, appartengono al gruppo RCS . Mediobanca,
Fiat, il gruppo Pirelli, dunque Marco Tronchetti Provera, e Banca Intesa San Paolo sono tra i principali azionisti del gruppo. La Repubblica e l’Espresso, Radio deejay e Radio Capital del
gruppo editoriale L’Espresso SpA, appartengono alle CIR (Compagnie Industriali Riunite) della famiglia De Benedetti. Il Giornale è di proprietà di PaoloBerlusconi. Il Sole
24 Ore è controllato dalla Confindustria. La Stampa di Torino appartiene alla FIAT. Milano Finanza appartiene al gruppo Mediolanum, per il 50% della Fininvest.
Panorama e Radio 101 sono editi dalla “Mondadori” che fa parte anch’essa del gruppo Fininvest. (Fininvest S.p.A. (Finanziaria Investimenti)
è la holding (società che posseggono azioni
o quote di altre società)
che detiene tutte le proprietà di Silvio Berlusconi, fondatore e suo azionista di maggioranza. È una delle più importanti holding finanziarie italiane. Il settore televisivo[9] verrà riorganizzato come Mediaset Spa (canali televisivi Canale 5, Italia
1 e Rete 4) e aperto a soci esterni (Al Waleed, Leo Kirch, Johann Rupert) nel 1995, e quindi collocato in borsa nel 1996) Nel 1996 Giuliano Ferrara ha fondato Il Foglio, il cui maggiore azionista è la famiglia Berlusconi.
Libero appartiene al gruppo editoriale di Antonio Angelucci, deputato del Pdl nella passata legislatura proprietario del gruppo di cliniche private Tosinvest. Il Messaggero e Il Mattino appartengono
al gruppo Caltagirone Editore di Gaetano Caltagirone la cui figlia, Azzurra, è la compagna del leader dell’UDC Pier Ferdinando Casini. La società editrice de La Gazzetta del Mezzogiorno è
Editrice del Sud Edisud S.p.A. La Gazzetta del Mezzogiorno è il più importante quotidiano di Puglia e in Basilicata. Il 69% delle
azioni sono di Domenico Sanfilippo Editore S.p.A. del gruppo omonimo Ciancio Sanfilippo che è il maggior gruppo editoriale della Sicilia (Il Giornale di Sicilia) e di tutto il Mezzogiorno; è attivo principalmente nel settore della stampa, nelle
TV, nella radio e nella pubblicità. Il nuovo Quotidiani di Puglia è diventato in breve tempo il giornale di gran lunga piú diffuso dell’area ionico salentina. La società Editrice è Quotidiano di
Puglia S.p.A., Presidente Azzurra Caltagirone (vedi sopra) del Gruppo Caltagirone Editore. Potrei continuare, ma chiudo con quest'ultima nota che mi sembra interessante. Mentana ha accettato di buon grado la cessione
del canale televisivo la7 da parte di TI Media all'imprenditore piemontese Umberto Cairo che dirige il Gruppo Cairo Communication , affermando: “Cairo è uno dei pochi editori puri di questo Paese. Questa è la verità. E’
uno che fa i soldi con i giornali e la pubblicità. E al massimo li spende con il Torino. Dunque è nelle condizioni per tenere una linea autonoma”. Ha anche aggiunto che Cairo è da tempo immemorabile in rotta con Berlusconi con il
quale ha litigato. Per chi non lo sapesse: Cairo Communication svolge la sua attività nel settore della comunicazione in qualità di editore di periodici e libri, di concessionaria per la vendita di spazi pubblicitari
su diversi mezzi (tv commerciale, tv digitale a pagamento, stampa ed internet), oltre ad operare su internet attraverso il suo motore di ricerca Il Trovatore. Aggiungo che il nostro Stato elargisce intorno ai 700 milioni di euro ogni anno per finanziare
i vari gruppi editoriali. Ecco di seguito gli esempi: al Corriere della Sera, e quindi al gruppo RCS, vanno circa 23 milioni di euro l’anno; al quotidiano della Confindustria, Il Sole 24
Ore, vanno più di 19 milioni di euro, al quotidiano della Fiat, La Stampa di Torino vanno 7 milioni e alla Mondadori, che ricordiamo è di Silvio Berlusconi, vanno10
milioni. Per tutti c'è uno sconto statale per le spedizioni postali di quasi 19 milioni. Naturalmente qualcuno potrebbe obiettare che una cosa è l'Editore e un'altra cosa è il Direttore della testata o del media e un'altra
cosa ancora sono i giornalisti, i cronisti, i conduttori radio-televisivi, e chiunque lavori per i media. Tutti questi producano l'informazione che dovrebbe essere libera. Si concordo con questa osservazione, ma vorrei che qualcuno
mi spiegasse perché, per esempio, si pubblicano titoli e/o opinioni di questo genere cosi contrastanti tra loro. Mi chiedo: "Come è possibile che una notizia riportata da un quotidiano non abbia lo stesso significato della
medesima notizia riportata da un altro?". è veramente incredibile come una notizia possa essere recepita in maniera diversa dal cittadino lettore o fruitore dell'informazione digitale. Qualche esempio: Sul nuovo Governo
Letta, vari e contrastanti sono i commenti dei quotidiani di domenica mattina. Ne riportiamo alcuni. Antonio Padellaro sul Fatto Quotidiano : "è un piatto avvelenato”; Stefano Folli,
del Sole 24 Ore dice che il Governo Letta è: “Politico ma presidenziale” ; Eugenio Scalfari su La Repubblica titola: “Un medico per l’Italia malata”; Per
Marcello Sorgi, sulla Stampa: “la strada è ancora tutta in salita”; Per Massimo Franco del Corriere della Sera si tratta invece di un: “ritorno alla realtà”: Resto in attesa che qualcuno mi
spieghi dov'è il diritto all'informazione se il cittadino non ha la possibilità di aver chiaro in mente qual è la realtà, qual è la verità che sottende quelle informazioni, ma si deve affidare solo
alla sua capacità di lettura critica di questa realtà. Naturalmente, come succede in molte situazioni analoghe, c'è il cittadino che ce l'ha questa capacità critica o crede di averla, c'e il cittadino che ce l'ha così
così e c'è il cittadino che non ce l'ha proprio e si affida ai suoi cattivi maestri che gliela propinano. La scuola, per la quale ho speso tutta la mia vita, non riesce ancora a soddisfare appieno all'esigenza di fornire ai suoi prodotti la
capacità di leggere criticamente la realtà. E dunque di che natura sono il pluralismo e la imparzialità che, si dice, debbano essere finalizzati alla formazione di un'opinione pubblica che sia consapevole della realtà,
ma anche critica per poter meglio esercitare il diritto di cittadinanza? Questa domanda, ahimè, è destinata a restare senza risposta.
A PROPOSITO DEL PRIMO MAGGIO----------LA FESTA DEL LAVORO
Il dipinto riportato accanto in foto si intitola "Il Quarto Stato" inizialmente intitolato "Il cammino dei lavoratori" di Giuseppe Pellizza da Volpedo. Realizzato
nel 1901. Il congresso della Seconda Internazionale, riunito a Parigi il 20 luglio 1889, lancia per la prima volta l'idea di festeggiare nella giornata del Primo Maggio la Festa del
Lavoro per ricordare e rivendicare nel mondo i diritti dei lavoratori., in ogni Paese e in ogni città. A quell'epoca la forte spinta veniva dal fatto che si rivendicava il diritto per i lavoratori di avere un orario di lavoro di otto ore giornaliere,
visto che dappertutto era superiore a quel limite. Da quel giorno molta acqua è passata sotto i ponti anche in Italia. Dopo la Grande Guerra il fascismo abolì questa festa che riprese la sua tradizione nel
secondo dopoguerra con manifestazioni appassionate e appassionanti tanto importanti da incidere negli anni avvenire, spesso con successo, sulle scelte politiche. Nel tentativo di frenare questo processo, non a caso, nel
1947 a Portella della Ginestra la banda di Salvatore Giuliano, non si è mai saputo con certezza aizzata da chi, sparò sui lavoratori in festa uccidendone undici e ferendone cinquanta. Poi negli anni della
Ricostruzione e nei decenni successivi continuarono le manifestazioni che venivano sempre guidate sui problemi attuali del mondo del lavoro da CGIL, CISL e UIL. Nel 1990 questi sindacati confederali con la collaborazione
del Comune della capitale dettero l'avvio ad un'altra manifestazione per celebrare la Festa del Lavoro: il concerto del Primo Maggio. In verità a mia memoria negli ultimi anni la tensione ideale verso questa ricorrenza
è andata sempre più scemando anche perché sempre con maggiore chiarezza è percepito da tutti i lavoratori che si è creata una profonda discrasia tra la loro situazione reale di vita e di lavoro che è sempre più
grave, insostenibile e spesso non dignitosa e ciò che con grande enfasi il primo comma dell'art. 1 della nostra Costituzione Repubblicana così recita: "L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro." Oggi il lavoro non c'è o ce n'è poco; abbiamo infatti tassi di disoccupazione a due cifre (le ultime notizie dell'ISTAT sono che nella fascia 18-24 anni il tasso di disoccupazione è del 38,4% e in totale è del 11,5%)
che dovrebbero allarmare chiunque e anche coloro che sguazzano nell'agio; quel poco di lavoro che c'è costringe ad una vita poco dignitosa molti lavoratori e soprattutto è la causa della morte di molti. Il tributo di sangue che i lavoratori danno
al lavoro è impressionante (solo un dato: nel 2012 le vittime sul lavoro sono state 509 e nel primo trimestre 2013 sono state 74 rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente quando furono 110, ma solo perchè molte imprese hanno chiuso).
Le manifestazioni di ieri in alcune città d'Italia hanno risentito di tutto ciò tanto che a Napoli è esplosa la rabbia dando luogo a momenti di vera guerra tra poveri che non sono certo preludio di cose buone. Ma non è il solo ambito in cui il Dettato costituzionale stride con la realtà dell'affermazione dei diritti vecchi e nuovi. Ma..., si sa: la nostra Carta più che un libro di regole che disciplini una realtà vivente è
una Carta d'intenti che ognuno di noi deve contribuire a rendere realtà con l'impegno civile e anche la lotta quando occorre. Un altro esempio di diritti evasi a margine di questa giornata di festa mi viene dallo
stato dell'informazione in Italia. Ma..., questa è un'altra storia che riprenderò in un'altra puntata di questi miei soliloqui.
24/04/2013 IL GOVERNO DI NAPOLITANO (I PUNTATA)
a poche ore dalla rielezione di Napolitano a Presidente della Repubblica, e ancora prima, è circolato il dubbio che la sua rielezione fosse legata al solo fatto di favorire l'intesa centrosinistra - centrodestra per dar luogo
ad un governo politico di larghe intese. Fra qualche minuto Napolitano darà a qualcuno l'incarico di formare un governo. Io sono convinto che per la gravità estrema della situazione in cui versa il Paese si debba dar luogo ad un governo
non politico con la partecipazione di tutto il Parlamento, chiamiamolo di scopo, che in tempi brevi sfoci a nuove elezioni, non prima di aver affrontato e risolto il problema della riforma della legge elettorale e alcuni nodi di politica economica per mettere
il Paese in sicurezza (quando dico Paese intendo soprattutto quella parte di cittadini più deboli che non ce la fanno più a sopravvivere). Il problema del diritto alla salute di chi non potendosi curare muore, il problema di chi senza salario,
senza pensione e senza altri mezzi di sussistenza non vede altra via che il suicidio, il problema del lavoro ai giovani che non vedono altra via che andarsene dall'Italia, e potrei continuare con problemi di gravità altrettanto inaudita, vanno affrontati
da subito e in tempi rapidissimi con il concorso di tutti per poi tornare al voto con un'altra legge elettorale. Chi non ci sta a fare quelle cose se ne deve assumere la responsabilità in Parlamento e, dunque, igli elettori avranno un elemento in più
per valutare. Non mi sembra tutto ciò un inciucio, né mi sembra che chi auspica ciò, non credo che Napolitano sarebbe contrario, sia uno schiavo dei poteri forti che vogliono a tutti i costi l'accordo PD - PDL per chi sa quali
scopi reconditi. Continuo a credere che un inciucio del tipo del governissimo, che vuole strenuamente l'avversario di sempre di una democrazia più avanzata che imperversa in Italia da oltre diciotto anni, non si debba e non si possa fare e non
credo di essere il solo in Italia a pensarla così. Mi permetto poi, dopo il necessario riferimento al "nostro", di insistere sul fenomeno Grillo perché vorrei che questo fenomeno si combattesse strenuamente senza se e senza ma da parte
di chi è amante della democrazia. Questo fenomeno rappresenta un pericolo per l'Italia perché la storia ci insegna che populismi simili hanno prodotto nel nostro Paese mostri impressionanti. Le cose che Grillo e chi lo sostiene vanno dicendo
sono da mandarle a memoria e da ricordarle ogni volta che si parla di loro perché affossano anche le cose condivisibili che dicono, oltre ad affossare la democrazia che, ricordiamocelo, è sempre in progress.
Grillo ha dichiarato proprio nel suo show di Brindisi: “Con la cara vecchia lira potremmo fare immediatamente una svalutazione del 40, 50% delle nostre merci, che non risolverebbe i nostri problemi ma ci renderebbe immediatamente
più competitivi”. Sull'Europa poi il disprezzo è continuo fino al punto che Grillo sul suo blog dice: “L’italiano è più a conoscenza dei dibattiti del Senato americano che delle decisioni prese a Bruxelles”......
non c’è molto da dire di un luogo che assomiglia a un club Med, a un dolce esilio dei trombati alle elezioni nazionali come Mastella”.
Queste frasi non smentiscono la volontà palese dei grillini di voler tornare alla lira e di voler uscire dall'Europa.
Sui sindacati Grillo ha dichiarato più volte, anche a Brindisi: "Voglio uno Stato con le palle, eliminiamo i sindacati che sono una struttura vecchia come i partiti politici. Non c'è più bisogno dei sindacati. Le aziende devono essere
di chi lavora". Non credo che per noi, convinti assertori della nobile funzione del sindacato che si assunto l'onere in tempi difficili e sempre di difendere la democrazia in Italia, ci sia un pericolo maggiore che va molto oltre la ristrettezza della
disponibilità delle risorse che stiamo vivendo in questa fase di crisi generale. Un piccolo particolare: già a qualcuno negli anni venti venne in mente di abolire i partiti e i sindacati e poi finì con un grande disastro. Vico insegna?
19-04-2013 PREFERISCO PARLARE DEL 25 APRILE
A POCHI MINUTI DALLA TERZA VOTAZIONE DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA E DI FRONTE ALLO SPETTACOLO POCO GRADEVOLE CHE CONTINUA A DARE LA POLITICA PREFERISCO PARLARE DEL 25 APRILE 1945 CON L'INTERVENTO SOTTO RIPORTATO E
CON IL CELEBRE DISCORSO DI PIERO CALAMANDREI AGLI STUDENTI MILANESI NEL 1955 INTERVENTO ALLA GIORNATA DI CELEBRAZIONE DEL 25 APRILE DEL CIRCOLO DEI LETTORI - BRINDISI-18/04/2013 Come è
noto la Resistenza, seguita all’armistizio dell’8 settembre, fu caratterizzata dall’impegno di forze di diversa estrazione politica e culturale, liberali, socialisti, cattolici, comunisti,
azionisti, monarchici, anarchici,
che dettero vita al CLN (Comitato di Liberazione Nazionale) il 9 settembre a Roma. Il CLN diresse tale movimento per tutto il periodo della Resistenza, che va dal giorno dell'armistizio ai primi di maggio del 1945 (circa 20 mesi di lotta contro gli invasori
tedeschi e i fascisti che tentavano di rivitalizzarsi). Fu proprio il CLNAI al termine di tale fulgido periodo che, assumendo il controllo dei poteri, proclamò il 25 aprile del ’45 a Milano l’insurrezione generale favorita dalla confluenza
dei reparti partigiani nelle città del nord (Milano, Genova, Torino) dove furono occupate prefetture fabbriche e caserme. "Il 25 aprile è non solo festa della Liberazione: è festa della riunificazione d'Italia”, ha sottolineato
il capo dello Stato, Napolitano, in un memorabile discorso al Teatro alla Scala di Milano il 24 aprile 2010 in occasione delle celebrazioni del 25 aprile. Quella storica data del 25 aprile 1945, infatti, rappresenta, come ha ricordato anche Eugenio
Scalfari nel suo editoriale su la Repubblica nella stessa occasione richiamata sopra, “l’inizio della democrazia e della storia repubblicana”, pensando all’evento del 2 giugno 1946, che seguì, quando fu eletta l’ Assemblea
Costituente e insieme fu celebrato il referendum istituzionale che faceva nascere la Repubblica italiana. In quella assise entrarono in massima parte gli esponenti del CLN con il compito di elaborare la Costituzione Repubblicana, che costituisce l’armonioso
complesso di principi e regole sul quale si regge il nostro Stato moderno di oggi. In quel discorso il nostro Presidente della Repubblica, ancora in carica in questo momento, ha poi aggiunto: “Quella unità rappresenta oggi, guardando
al futuro, una conquista e un ancoraggio irrinunciabili". Non credo che nel ginepraio di commenti che accompagnano questa grande ricorrenza e, soprattutto, di fronte alla malsana esigenza di alcuni di procedere ad ogni costo ad un revisionismo storico
gratuito diretto a mettere in ombra il valore sociale, civile, militare e politico di quel breve ma glorioso periodo, si possa pronunziare considerati i tempi che viviamo una frase più veritiera ed alta nel suo contenuto. Da persona che non è,
per professione, né uno storico né un costituzionalista, mi preme però esporre alcune considerazioni che sono andato maturando nel tempo. La prima di esse è che la Costituzione Repubblicana rappresenta il punto di arrivo
di un lungo percorso che ha avuto inizio il 17 marzo 1861 con la proclamazione dell’Unità d’Italia, sotto il Regno d’Italia retto dai Savoia, ma può essere anche considerata il punto di partenza verso un futuro sempre più
coerente con i suoi principi. E’ anche profondamente vero che l’identità italiana affonda le sue radici nel Rinascimento. Fu, infatti, in quel meraviglioso periodo storico che iniziò a precostituirsi la nostra
identità di popolo. Nel nostro Risorgimento, poi, nacque, in presenza di altre spinte importanti dell’epoca, la incontenibile necessità di dare a tale identità una concreta cornice. Questa cornice fu lo stato
nazionale a cui si era cominciato a pensare sin dal 1797, anno di nascita del tricolore, la nostra gloriosa bandiera che salvo qualche lieve modifica è giunta fino a noi come simbolo dell’unità nazionale. Il nostro Risorgimento fu
accompagnato, come ho accennato prima, da altre importanti spinte, qui ne ricordo solo due: la necessità di limitare il potere assoluto delle monarchie e della Chiesa con la promulgazione di Costituzioni (da noi lo Statuto albertino,
voluto dalla stesso monarca, rappresenta un esempio chiarissimo in tal senso); la necessità di dare risposte alla pressante domanda di pensiero moderno in una visione complessivamente universale. Un importantissimo fase
della nostra storia e di quella europea che andrebbe approfondita con nuova passione e stimoli diversi. Personalmente non ricordo con grande entusiasmo il periodo dei miei studi medi dedicati al Risorgimento italiano forse perché
alla freddezza complessiva che caratterizzava l’insegnamento della Storia di quella epoca, si aggiungeva anche l’assenza di un’informazione fondamentale che, cioè, il Risorgimento rappresenta anche una grande stagione di rivendicazione
dei diritti delle persone oltre che dei popoli e, dunque, tale assenza d’informazione non aiutava a creare quel clima educativo necessario di entusiasmo in noi giovani. Probabilmente, ciò continua ad accadere anche oggi,
ma la mia speranza e il mio augurio è che ciò non sia. Per comprendere bene la fase storica che oggi viviamo è fondamentale approfondire lo studio di tale periodo storico che portò
all’Unità Nazionale, sotto il Regno d’Italia, a ridosso delle prime due guerre d’Indipendenza, con il Congresso di Vienna sullo sfondo, ma è altrettanto fondamentale studiare a fondo l’altro periodo storico, la Resistenza,
cui seguì la liberazione dal nazifascismo che portò, come ho già detto, alla Costituzione Repubblicana, vero testamento dei suoi caduti (come ebbe a dire negli anni ’50 il grande Piero Calamandrei).
E’ doveroso, per chi percepisce il bisogno culturale di effettuare un parallelismo storico tra i due periodi del Risorgimento e della Resistenza e non si lascia andare a facili quanto fuorvianti giudizi di parte, cercare di rispondere
a tale bisogno. Con una premessa direi scontata che, cioè, i due periodi storici presentano senz’altro numerose differenze e anche di un certo rilievo, ancorché il grande storico Luigi Salvatorelli, tra l'altro fondatore del partito d'azione,
definì la Resistenza il II Risorgimento (si confronti anche Claudio Pavone). Direi che ciò è doveroso per tutti soprattutto in un periodo della storia d’Italia come quello che oggi stiamo vivendo in cui la caduta dei valori
e le spinte federaliste e autonomiste valicano spesso i confini di accettabilità delle posizioni e dove anche i principi “supremi” della Costituzione Repubblicana (libertà, uguaglianza e democrazia) in maniera più o meno velata,
spesso, vengono rimessi in discussione. Sono del parere che le polemiche sul 25 aprile che pure si sono accese sul fatto che il merito della Liberazione dell’Italia dal nazifascismo sia stato degli italiani della Resistenza o degli alleati lasciano
il tempo che trovano e non possono minimamente scalfire la verità storica suffragata dal sacrificio di tante vite dei martiri della Resistenza. Con la Resistenza si trattava di riconquistare, dunque, quella identità nazionale che si era
fortemente appannata con il fascismo. Era, altresì necessario sconfiggere una diffusa concezione ancora presente che immaginava l’Italia, nonostante la disastrosa guerra nella quale era stata cacciata, quale nazione mirante, soprattutto,
alla cura della propria esistenza e benessere soddisfacendo mire espansionistiche. Ma era anche necessario sconfiggere l’invasione delle truppe della Germania nazista ricacciandole oltre i confini nazionali (da questo punto di vista ha senso parlare
di II Risorgimento).
Tutte le forze politiche sane si ritrovarono in Essa e profusero il massimo impegno come ho ricordato all’inizio. Dalla Resistenza, aldilà delle ombre che si vogliono stendere su di Essa, sicuramente è germogliata,
dopo la Liberazione dal nazifascismo, la nostra Repubblica, che già aveva radici solide come ho cercato di dire. Tali radici hanno nel tempo costruito quella sfera dei diritti e quella democrazia alle quali non possiamo rinunciare e che difenderemo
senza tregua senza risparmiare energie. Ma, consentitemi, di chiudere questo mio intervento con le parole pronunciate dal grande giurista, politico, giornalista e professore universitario Piero Calamandrei.
Egli ebbe a dire sulla Resistenza: “Era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.” Aggiungo che vivere da uomini oggi significa per noi vivere ponendo
la massima attenzione alla difesa della libertà (parola che è vuota se non si coniuga con quella del lavoro per tutti), dell’uguaglianza (che va perseguita in entrambi i suoi aspetti: formale e sostanziale perché la legge deve essere
sempre uguale per tutti e lo Stato deve rimuovere gli ostacoli che si frappongono al suo affermarsi), della democrazia (che prima di tutto è partecipazione attiva alle scelte della politica) e della dignità che pervade la nostra Carta in più
punti. DISCORSO DI Piero Calamandrei. (PRESENTAZIONE) Non credo sia qui necessario presentarvi la biografia di Piero Calamandrei perché ciò che leggeremo sarà molto più
chiaro e convincente delle mie parole. Vi dico solo che nacque a Firenze il 21 aprile 1889 e a Firenze morì il 27 settembre 1957, che dopo essersi laureato in Giurisprudenza all'Università di Pisa inizio nel 1915 una brillante carriera
universitaria come docente universitario in svariate Università per poi tornare a Firenze prima come docente e poi come Rettore di quella Università. Egli fu un insigne giurista, ma anche giornalista, politico, scrittore e poeta, ma noi
lo ricordiamo qui soprattutto come antifascista al cui regime non si piegò mai. Contrario all'entrata in guerra dell'Italia, nel 1941, aderì al movimento Giustizia e Libertà e l'anno successivo fu tra i fondatori del Partito d'Azione insieme
a Ferruccio Parri, a Ugo La Malfa e ad altri. Il discorso qui riprodotto fu pronunciato da Piero Calamandrei nel salone degli Affreschi della Società Umanitaria il 26 gennaio 1955 in occasione
dell’inaugurazione di un ciclo di sette conferenze sulla Costituzione italiana organizzato da un gruppo di studenti universitari e medi per illustrare in modo accessibile a tutti i principi morali e giuridici. LO ABBIAMO SCELTO PER LA LIMPIDEZZA DEI VALORI CHE FA EMERGERE, PER LA SORPRENDENTE ATTUALITÀ DEL SIGNIFICATO DELLA PAROLA SCRITTA CHE RICONCILIA ANCHE CON L'INCERTEZZA DEL PRESENTE. MARIO CAROLLA Testo del discorso agli studenti milanesi (1955) L’art.34 dice: ”I capaci e i meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno
diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Eh! E se non hanno i mezzi? Allora nella nostra costituzione c’è un articolo che è il più importante di tutta la costituzione, il più impegnativo per noi che
siamo al declinare, ma soprattutto per voi giovani che avete l’avvenire davanti a voi. Dice così: ”E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. E’ compito di rimuovere gli ostacoli che impediscono
il pieno sviluppo della persona umana: quindi dare lavoro a tutti, dare una giusta retribuzione a tutti, dare una scuola a tutti, dare a tutti gli uomini dignità di uomo. Soltanto quando questo sarà raggiunto, si potrà veramente dire che
la formula contenuta nell’art. primo- “L’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro “- corrisponderà alla realtà. Perché fino a che non c’è questa possibilità per ogni uomo
di lavorare e di studiare e di trarre con sicurezza dal proprio lavoro i mezzi per vivere da uomo, non solo la nostra Repubblica non si potrà chiamare fondata sul lavoro, ma non si potrà chiamare neanche democratica perché una democrazia
in cui non ci sia questa uguaglianza di fatto, in cui ci sia soltanto una uguaglianza di diritto, è una democrazia puramente formale, non è una democrazia in cui tutti i cittadini veramente siano messi in grado di concorrere alla vita della società,
di portare il loro miglior contributo, in cui tutte le forze spirituali di tutti i cittadini siano messe a contribuire a questo cammino, a questo progresso continuo di tutta la società. E allora voi capite da questo che la nostra costituzione
è in parte una realtà, ma soltanto in parte è una realtà. In parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno di lavoro da compiere. Quanto lavoro avete da compiere! Quanto lavoro vi sta dinanzi! E‘
stato detto giustamente che le costituzioni sono anche delle polemiche, che negli articoli delle costituzioni c’è sempre anche se dissimulata dalla formulazione fredda delle disposizioni, una polemica. Questa polemica, di solito è una polemica
contro il passato, contro il passato recente, contro il regime caduto da cui è venuto fuori il nuovo regime. Se voi leggete la parte della costituzione che si riferisce ai rapporti civili politici, ai diritti di libertà, voi sentirete continuamente
la polemica contro quella che era la situazione prima della Repubblica, quando tutte queste libertà, che oggi sono elencate e riaffermate solennemente, erano sistematicamente disconosciute. Quindi, polemica nella parte dei diritti dell’uomo e
del cittadino contro il passato. Ma c’è una parte della nostra costituzione che è una polemica contro il presente, contro la società presente. Perché quando l’art. 3 vi dice: “ E’ compito della Repubblica
rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” riconosce che questi ostacoli oggi vi sono di fatto e che bisogna rimuoverli. Dà un giudizio, la costituzione, un giudizio polemico, un
giudizio negativo contro l’ordinamento sociale attuale, che bisogna modificare attraverso questo strumento di legalità, di trasformazione graduale, che la costituzione ha messo a disposizione dei cittadini italiani. Ma no è una costituzione
immobile che abbia fissato un punto fermo, è una costituzione che apre le vie verso l’avvenire. Non voglio dire rivoluzionaria, perché per rivoluzione nel linguaggio comune s’intende qualche cosa che sovverte violentemente, ma è
una costituzione rinnovatrice, progressiva, che mira alla trasformazione di questa società in cui può accadere che, anche quando ci sono, le libertà giuridiche e politiche siano rese inutili dalle disuguaglianze economiche, dalla impossibilità
per molti cittadini di essere persone e di accorgersi che dentro di loro c’è una fiamma spirituale che se fosse sviluppata in un regime di perequazione economica, potrebbe anche essa contribuire al progresso della società. Quindi, polemica
contro il presente in cui viviamo e impegno di fare quanto è in noi per trasformare questa situazione presente. Però, vedete, la costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione
non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro
l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una
malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà:
di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo
oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno.
Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica. È così bello, è
così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono… Il mondo è
così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale
quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia,
in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica…
Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita),
rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è
dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane…
E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà
degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie… ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini! O quando io leggo nell’art. 8:«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla
legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubbllica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo! O quando nell’art. 52 io leggo a proposito
delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi! E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di
morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani… Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani,
voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché
libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa cartra. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se
voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare
la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione. P. Calamandrei, Discorso agli studenti milanesi
09/04/2013 BERSANI, IL PD E GLI ALTRI
Apprezzo lo sforzo di Bersani e la caparbietà con la quale cerca di spingere a collaborare con il M5S, ma l'utopia, ancorché necessaria e importante per porre in primo piano il bene comune, pragmaticamente, mi sembra in
questo caso solo un'esercitazione per la pace dell'animo. Non mi sembra possibile il dialogo con chi pratica l'incultura, con chi è avvezzo all'ottusità e all'improvvisazione e con chi è ancora impegnato ad affermare il proprio "ego" (l'esaltazione
del M5S, fatto dai media e da molti politici di ogni estrazione, per la spinta al rinnovamento della politica e del Paese che avrebbe dato, sinceramente, non la condivido). Cito un pensiero di Ruggiero Guarini: "certe sciocchezze si possono dire solo se si
è deciso di anteporre a tutto la propria ragione, il proprio ego." Insistere nel cercare il dialogo con chi è sordo non è razionale, persistere può essere dannoso. Naturalmente non mi pongo neppure il problema della collaborazione
con il PDL. Gli italiani non la capirebbero e farebbero fare al fanciullo PD (fondato solo il 14 ottobre 2007) una morte prematura consegnando questo splendido Paese ad un "ignoto" che più buio di così non può essere. Il PD deve
mantenere la schiena dritta e non inseguire chicchessia, ma presentare solo le sue proposte in Parlamento per avviare un vero e razionale rinnovamento del Paese, acquisire le risposte e, se negative, andare alle urne. L'Italia ha bisogno di capire con
chiarezza dove si annida la responsabilità delle scelte politiche.
06/04/2013 LA GENTE E I BASTONI
Grillo dice che se dovesse esserci un accordo tra il PD e il PDL, sullo scenario politico che è sotto i nostri occhi sgomenti, per far nascere un governo: "la gente è stufa e prenderebbe i bastoni". Durante l'incontro di rassegna
tenuto con i suoi, a porte chiuse, è emersa con chiarezza una linea dura nei confronti dei dissidenti, che si è sostanziata nell'ennesimo anatema, che dice sostanzialmente che essi non sono dissidenti ma traditori e come tali vanno trattati.
Nonostante la segretezza del luogo dell'incontro e i tanti stratagemma messi in atto per tenerlo segreto i cervelloni dell'informazione hanno continuato ad inseguire Grillo, imperterriti e non curanti del danno che hanno fatto al Paese quando hanno,
quasi unanimemente, avviato l'amplificazione del fenomeno che riguarda il M5S sin dalle ultime elezioni amministrative, che in condizioni normali sarebbero state poco significative considerato l'esiguità del test elettorale e i risultati non uniformi
a favore del Movimento nei luoghi dove si sono tenute (sottolineo la mia fede indiscussa all'art. 21 della nostra straordinaria Costituzione della Repubblica). L'ultima bugia di Grillo è proprio questa "la gente è stufa e prenderebbe i bastoni"
se dovesse nascere un accordo tra PD e PDL. Non credo affatto ad una tale evenienza, non so se invocata o semplicemente prevista da Grillo o addirittura lanciata al mondo in chiave scherzosa essendo egli un comico, in arte poco apprezzato da molti, perché
gli italiani hanno dimostrato dal secondo dopoguerra in poi di non avere più voglia di prendere i bastoni, nonostante abbiano cercato di farlo nella balorda e intempestiva parentesi degli anni settanta. Io penso, invece, che un accordo tra PD e PDL,
ancorché stretto in questa fase emergenziale, decreterebbe invece la fine del primo partito del centrosinistra, il quale non perde occasione per dimostrare agi italiani il suo infantilismo, naturale, da tanti punti di vista, dal momento che è
stato fondato solo il 14 ottobre 2007. Il PD dovrebbe invece pensare a far eleggere il futuro Presidente della Repubblica con le forze disponibili e portare a termine l'azione politica di proporre al Parlamento i suoi punti per rinnovare il Paese; se
la proposta dovesse essere bocciata puntare alle nuove elezioni. Solo così il Paese capirebbe e saprebbe distinguere tra politica responsabile e quella inconcludente finalizzata solo agli interessi di parte. Credo che queste cose dovrebbero
essere comprese anche da cervelloni (ce ne sono anche nel PD) del partito come D'Alema e Renzi.
30/03/2013 DE TRANQUILLITATE ANIMI
La responsabilità, la volontà e la capacità della comprensione, la fedeltà allo "spirito di una comunità", il senso di appartenenza e, io aggiungo, la fiducia e la speranza nel futuro sono nobili sentimenti che non
vanno mai abbandonati anche di fronte a fenomeni come quelli che impersonano i "comici" di turno e anche qualche non comico, oggi battenti la scena politica. È che nell'Età contemporanea dell'Era volgare, che viviamo, fenomeni simili non si erano
mai visti. Dobbiamo reagire con forza non tanto ai prodotti che l'Era volgare ci offre (la diversità presenta sempre aspetti di positività), ma alla volgarità, in tutti i sensi, che tali prodotti esprimono!
28/03/2013 TENTATIVO BERSANI
Il Governo della Repubblica di questa balorda legislatura stenta a nascere. C'è l'indisponibilità del M5S, che rifiuta di contribuire ad avviare il rinnovamento della politica e del Paese, c'è il rifiuto del PdL, che pretende in
cambio molte cose senza alcun costrutto e realismo. Non si capisce come sempre la posizione ambigua del Centro, che una volta apre e una volta chiude la porta. Tra poche ore Bersani salirà al Colle per fare le sue valutazioni sul mandato ricevuto. L'ansia
c'è ed è innegabile per il possibile inciucio che è dietro l'angolo. Non penso che in questa situazione si possa optare per un governo del Presidente che, tra l'altro, forse non avrebbe il tempo di vederlo nascere e, dunque, una volta
nato di seguirlo nella sua avventura. Se poi il nuovo incaricato dovesse essere Stefano Rodotà sarebbe come buttare al vento una risorsa importante per il Paese. Stefano Rodotà deve essere il nuovo Presidente della Repubblica.
17/03/2013 L'UNITA' D'ITALIA A 152 ANNI DI DISTANZA
Il 17 marzo 1861 è proclamata l'unità d'Italia Sono trascorsi 152 anni da allora e sento l''obbligo di fare gli auguri a tutti gli italiani, soprattutto, guardando con preoccupazione ma con fiducia all'Italia di oggi. Dal discorso
di Napolitano nel 13/02/2010 traggo questi pensieri: sono stati dati e continuano ad emergere “giudizi sommari e pregiudizi volgari sul quel che fu nell'800 il formarsi dell'Italia come Stato unitario, e bilanci approssimativi e tendenziosi, di stampo
liquidatorio, del lungo cammino percorso dopo il cruciale 17 marzo 1861. C'è chi afferma con disinvoltura che sempre fragili sono state le basi del comune sentire nazionale, pur alimentato nei secoli da profonde radici di cultura e di lingua; e sempre
fragili, comunque, le basi del disegno volto a tradurre elementi riconoscibili di unità culturale in fondamenti di unità politica e statuale. E c'è chi tratteggia il quadro dell'Italia di oggi in termini di così radicale divisione,
da ogni punto di vista, da inficiare irrimediabilmente il progetto unitario che trovò il suo compimento nel 1861.” Devo osservare però che allora le ragioni dell’Unità finirono con il prevalere e ritengo che si possa inequivocabilmente
affermare che, indipendentemente dalle valutazioni e critiche storiche che possono legittimamente essere apportate, i protagonisti del Risorgimento hanno agito con grande passione, con autentica idealità politica e con ineccepibile limpidezza intellettuale
e che i versi manzoniani (Manzoni fu nominato da Vittorio Emanuele II senatore del Regno di Sardegna già dal 1860 e poi senatore a vita del Regno d’Italia) della celebre ode “Marzo 1821” , pubblicata nel 1848:
Una gente che libera tutta,
O fia serva tra l' Alpe ed il mare;
Una d' arme, di lingua, d' altare,
Di memoria, di sangue e di cor. certamente definiscono il concetto di patria dell’1800, come lo definiscono i versi dell’inno dello scittore, patriota e poeta Goffredo Mameli (1827-1849), scritti nel 1847: “Fratelli d’Italia….”
e musicati da Michele Novaro, il cui titolo originario è: “Il canto degli italiani”. Trattasi di un patriottismo che era espressione di una coscienza nazionale che ci era ormai diffusa e del sogno di un’Italia unita che si cominciava
ad intravedere (un popolo che sarà completamente libero solo se libero tutto dalle Alpi al mare; con un unico esercito, con un’unica lingua, con un’unica religione, con un’unica tradizione storica, con un’unica origine e con
gli stessi sentimenti). Trattasi di un patriottismo le cui ragioni storiche profonde hanno attraversato un lungo percorso passando attraverso gli avvenimenti degli ultimi decenni del 1800; e ressero in questi decenni “a fratture e sommovimenti sociali,
a conflitti e rivolgimenti politici che giunsero a scuotere l'Italia unita (discorso di Napolitano)” anche dopo quelli del glorioso Risorgimento. Ma ressero anche agli avvenimenti dei primi decenni del 1900 con la I guerra mondiale, il fascismo, la crisi
del 1929, la II guerra mondiale, fino a giungere con l’8 settembre del 1943 all’armistizio e al fulgido periodo della Resistenza (Piero Calamandrei, 1889-1956 a Firenze, giornalista, giurista, politico e docente universitario, ebbe a dire di Essa:
“Era giunta l’ora di resistere; era giunta l’ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini.”) per liberare l’Italia dal fascismo e dai Tedeschi. Proprio questa sua lunga vitalità colloca il patriottismo
nazionale tra i valori da non disprezzare ma da conservare come patrimonio comune degli italiani. Oggi stiamo vivendo un patriottismo diverso un patriottismo costituzionale che deve diffondersi sempre più e che noi amanti della Costituzione Repubblicana,
additando come peste bubbonica tutti coloro che l'avversano, dobbiamo strenuamente difendere. Auguri a tutti gli italiani!
23/02/2013 FO E GRILLO
LA COSA CHE HANNO IN COMUNE DARIO FO E BEPPE GRILLO E' CHE SONO ENTRAMBI NOTI GIULLARI. MA ANCHE SU QUESTO LA DIFFERENZA E' ABISSALE: FO E' UN GIULLARE ARGUTO, GRILLO E' UN GIULLARE VOLGARE
22/02/2013 PROPOSTE ELETTORALI
BISOGNA METTERE A COLTURA LA CULTURA. FIOREREBBE COSI' IL PRATO VERDE DEGLI ITALIANI CHE SANNO SCEGLIERE
21/02/2013 A PROPOSITO DELLA LETTERA INVIATA DAL "NOSTRO" AGLI ITALIANI
APPENA HO LETTO IL NOME DEL MITTENTE SULLA BUSTA DELLA LETTERA CORRISPONDENTE AL NOME DEL "NOSTRO" (IO NON LO NOMINO PIU' DA TEMPO), SENZA NEPPURE APRIRLA, HO LANCIATO LA BUSTA NEL CESTINO DEI RIFIUTI CHE E' NELL'ANDRONE DELL'EDIFICIO IN CUI
ABITO A BRINDISI. HO NOTATO CHE PRIMA DI CENTRARE IL CESTINO LA BUSTA E' SCIVOLATA A TERRA TRE VOLTE. IL SEGNO CHE HO COLTO E' CHE NEPPURE IL CESTINO DEI RIFIUTI LA VOLEVA ACCETTARE.
24/02/2013 VIVA RACCOMANDAZIONE AL PRIMO GOVERNO BERSANI
(mi scuso se mi proietto con la mente al "dopo elezioni", ma è necessario cominciare a parlarne se non si vuole che le barbare profezie di Grillo si avverino) COME NE USCIAMO?
Quando negli anni '60 lessi per la prima volta "Il mondo come io lo vedo" di Albert Einstein, edito nel 1931, non feci molto caso alle frasi che il grande fisico argomentava sulla crisi. Anche allora imperversava
la crisi ed era quella (la crisi del '29) passata alla storia repubblicana, seguita al fascismo, come la più mostruosa mai registrata. Quella crisi fu risolta solo con la Ricostruzione dopo una devastante guerra mondiale. Oggi non è pensabile
che ci sia un'altra guerra mondiale, l'orizzonte sembra libero da una tale minaccia, e allora......, torno alla domanda che mi sono posto: "Come ne usciamo?". Negli anni '60 (non ricordo con esattezza l'anno,
ma certamente studiavo ancora all'Università di Napoli) eravamo in pieno "boom" economico e, dunque, ai miei occhi di studente, ma certamente agli occhi di molti, parlare di crisi non poteva interessare più di tanto.
Oggi, invece, rileggendo quelle frasi, rubate da un post in una libreria di Lecce, non posso che sbalordirmi per due motivi: 1) il contenuto di esse è pervaso da una straordinaria attualità, sembra proprio che siano state scritte ieri;
ma, del resto, cosa ci si può aspettare dalle riflessioni del più grande scienziato che sia mai vissuto, senza far alcun torto ad Archimede, Newton ed altri, se non una lettura coerente e precisa del suo presente con lo sguardo rivolto al futuro?
Egli apre così le sue riflessioni: "Non pretendiamo che le cose cambino se continuiamo a fare le stesse cose. La crisi può essere una grande benedizione per le persone e le nazioni, perché la
crisi porta progressi. La creatività nasce dall’angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura".
2) le sue riflessioni sono in perfetta sintonia con il mio modo di pensare e leggere la realtà della crisi di oggi, soprattutto, nel contenuto del periodo che le apre "alla grande", riportate sopra. Tutti in Italia, in Europa e nel mondo pensano
che per uscire dalla crisi occorre innescare un processo che si sostanzi di rigore e crescita (sperimentate tante volte). Queste categorie saranno pure necessarie nel contingente, ma la vera salvezza delle future generazioni sta proprio nel cessare di pensare
che le cose cambino continuando a fare sempre le stesse cose che ci hanno portato al disastro che è sotto gli occhi di tutti. Albert Einstein conclude: " È nella crisi che emerge il meglio di
ognuno, perché senza crisi tutti i venti sono delle lievi brezze. Parlare di crisi significa incrementarla, e tacere della crisi è esaltare il conformismo. Invece lavoriamo duro.
Finiamola una volta per tutte con l’unica crisi pericolosa che è la tragedia di non voler lottare per superarla.”
Per superare il disastro occorre estirpare la radice del male che sta, a mio avviso, in questo concepire barbaro del sistema economico, fondato sul predominio della finanza, che ha
reso il capitalismo un serpente velenoso che fagocita tutto ciò con cui viene in contatto, dopo aver cancellato ogni valore di civile convivenza tra le persone e tra i popoli. Ritengo assurdo che mi
svegli al mattino, che accenda la televisione per ascoltare le prime notizie della giornata mentre sorbisco il primo caffè e che senta parlare con enfasi sempre di borse e di "spread". Facciamo qualcosa!
Quando cominceremo a fare cose diverse? L'utopia, qualche volta, per una sorta di mutazione genetica può diventare realtà. Io mi accontento di crederci! Ma....basta solo crederci?
27/02/2013 PERCHE' ACCETTARE I RISULTATI ELETTORALI
ahimè o ahinoi come preferite, chi è sconcertato o deluso o scontento per i recenti risultati elettorali ha proprio ragione! Io per superare lo sconcerto, la delusione e lo sconforto ho cercato di cogliere, come spesso faccio
nei momenti difficili, l'aspetto umoristico del caso. Ripresomi dalla devastazione psicologica che inducono questi sentimenti, però, ho cercato di riflettere. Sul fenomeno Grillo mi sono espresso più volte, anche sbagliando (vedi il mio
intervento pubblicato sul Quotidiano nel luglio 2012 dopo le amministrative che si sono svolte in alcune zone d'Italia) perché ho sicuramente sottovalutato tale fenomeno. Ma devo dire a parziale giustificazione del mio errore che non pensavo affatto
che la non certo sorprendente (nel libro ‘L’Anomalia’ di Manlio Cammarata si legge una riscrittura, sia pure in chiave polemica, dell'art. 1 della nostra Costituzione: "L’Italia è una Repubblica fondata sulla televisione. La
sovranità appartiene a chi possiede la televisione e la esercita come gli pare.”) ma dannosa pervicacia dei media e delle TV potesse scomporre il quadro così. Non potevo assolutamente prevedere allora che il potere mediatico riuscisse in
così breve tempo a manipolare le convinzioni di milioni di italiani in ogni angolo d'Italia, ancorché si fossero avute già le prime avvisaglie alle regionali siciliane. La verità è che martellare in ogni ora del giorno, come
hanno fatto le TV nazionali e private (in particolare La 7, che è stata anche multata dall'AGICOM per questo) e, poi, anche i quotidiani indipendenti, quelli di destra e quelli sinistra (che comunque hanno tutti editori provenienti dal mondo imprenditoriale
e, quindi, chi più e chi meno appartenenti ad una certa area culturale) gli inermi italiani scontenti e delusi dalla politica ufficiale mostrando il fenomeno Grillo, ripreso sempre arringante piazze stracolme, ed esaltando alcuni punti del suo programma
che possono apparire anche condivisibili ma nascondendone altri di segno destabilizzante (vedi l'idea di uscire dall'Europa rinnegando l'EURO, coniando una nuova moneta nazionale e non pagando il debito sovrano che ci ritroviamo) ha avuto il suo effetto devastante
riscontrabile nel risultato del M5S. Da sottolineare il fatto che tutto questo si è verificato in presenza di una coalizione, quella di centrosinistra, che è apparsa in questi anni la più seria e, segnatamente nell'ultimo periodo con la
celebrazione delle primarie sia per scegliere il candidato premier sia per scegliere i futuri parlamentari, la più affidabile anche per il programma che è riuscito a mettere in campo, sobrio ma necessario, per risollevare le sorti del Paese.
Io, personalmente, non condivido l'inciucio che il PD vuole mettere in campo ora con Grillo, anche se solo su alcuni punti la cui urgenza invero nessuno può ulteriormente negare. Tantomeno non condivido il "governissimo" con il PDL che viene da quest'ultimo
proposto. Non riesco ad immaginare in questo momento soluzioni al grave problema della ingovernabilità apertosi che 3/4 o 4/5 di italiani superficiali ed incolti ci hanno consegnato con queste elezioni. Non mi riferisco qui solo al fenomeno Grillo,
ma anche ad un altro fenomeno: la rimonta del "nostro" di centrodestra e mi riferisco anche alla inconcludente discesa in politica di Monti e Ingroia che ha avuto il solo effetto di impedire la vittoria del centrosinistra e alla altrettanto inconcludente discesa
in politica di Giannini finita in miseria. Ma... la democrazia è questa, piaccia o non piaccia, non dimenticando, però, che essa va continuamente migliorata nella forma e nella sostanza. Quindi, per il momento, dobbiamo sperare
almeno di far avanzare la sostanza della democrazia cercando di spingere tutti a capire che è necessario, come vado ripetendo da qualche tempo, mettere a coltura la cultura senza di che non c'è speranza per gli italiani anche cambiando
Paese. P.S. In molti altri Paesi anche con una democrazia più avanzata della nostra la cultura del popolo lascia a desiderare (si vedano le bassissime percentuali dei votanti e la dabbenaggine con la quale il popolo dà credito a formazioni
politiche, le più disparate, anche peggiori di quelle che da noi oggi hanno sfiorato il successo pieno).
5 MARZO 2013 E' TEMPO DI PENSARE AL FUTURO PRESIDENTE
Il 15 maggio scade il mandato al nostro Presidente della Repubblica e oggi si può senz'altro affermare che quest'uomo è stato, con i limiti che la condizione umana comporta, indubbiamente uno dei più importanti Presidenti che questa
Repubblica abbia mai avuto. Fino a quel giorno il Presidente avrà ancora da svolgere un ruolo delicato e fondamentale per le sorti del Paese, data la situazione politica ingarbugliata che gli italiani ci hanno consegnato dopo le elezioni
politiche. Possiamo anche in questa delicata fase essere certi che Egli svolgerà il suo ruolo con sagace competenza e con il consueto equilibrio; questa certezza è l'unica cosa che riporta in alto il morale dopo lo sfacelo della politica che
è sotto i nostri stralunati occhi e di fronte alle intemperanze delle formazioni politiche che tra qualche giorno si nsedieranno in Parlamento costituite per lo più da clows, semplici buffoni e tuttologi che non ascoltano
il grido di dolore che viene dal popolo. Il 15 aprile inizierà in quella assise la discussione per la scelta del successore del Presidente; scelta non facile e, comunque, avvolta nella più assoluta incertezza date le divaricazioni
delle opzioni dei singoli partiti. Non è facile sostituire un uomo come Napolitano, accadde anche per la sostituzione del mai dimenticato Presidente Pertini, ma alla fine tutto sarà compiuto. Oggi comincia a circolare qualche
proposta, ma si capisce che i nomi sono quelli di personaggi che hanno qualche possibilità in partenza e che, però, con molta probabilità nessuno di loro taglierà il fatidico filo di lana del traguardo finale.
Non credo che ci si possa avventurare in previsioni perchè queste sarebbero fondate sul nulla, ma certamente ci si può spingere sul terreno del gradimento per il bene della nostra maltrattata Repubblica e dei suoi cittadini. Ad
esempio una persona come Stefano Rodotà potrebbe senz'altro essere all'altezza del compito gravoso che lascerà in eredità Napolitano. Non si sta qui a spiegare i meriti di quest'uomo nè
ad elencare i suoi importantissimi incarichi ricoperti nel nostro Paese ed altrove, ma si vuole riportare solo un pensiero che colpisce per la sua lungimiranza e per il suo discernimento che scaturiscono dal possesso di una cultura vastissima e profonda.
Chi scrive ha spesso esplicitato le sue aspre critiche verso la globalizzazione, implementata sul nostro pianeta dal neoliberismo di Margaret Thatcher e Ronald Reagan negli anni '80, ma non ha mai intravisto soluzioni di rimedio praticabili. Tornare
indietro gli è sempre parso impensabile perché non si può tornare indietro dalla storia (nonostante i "corsi e ricorsi storici" di vichiana memoria). Però una riflessione recente di Stefano Rodotà ha indicato la possibile
e forse unica soluzione; essa, più che una riflessione è un trattato vero e proprio di scienze umane dove l'economia e il diritto rappresentano, ancorché importante, un'area di queste. Il titolo del libro è: "Il diritto di avere
diritti", edito da Laterza, che si consiglia a tutti di leggere e studiare, in particolare, agli economisti e ai politici. La premessa a detta soluzione è la seguente (qui si interpreta e si sintetizza): di fronte alla globalizzazione dell'economia
che si fonda sullo strapotere dei mercati e che porta con sé tante negatività nella vita degli uomini in ogni luogo della terra c'è da opporre una rivoluzionaria e forte globalizzazione dei diritti, dei diritti consolidati, almeno in alcune
regioni del mondo, e dei diritti nuovi; tra questi ultimi quelli sociali, quelli che scaturiscono dai problemi attuali, per esempio dalla salvaguardia dell'ambiente, quelli che scaturiscono dall'avanzare della tecnoscienza, in particolare, dal sempre più
diffuso uso della rete, ecc., in un'ottica che veda sempre prioritariamente al centro i diritti della persona e non solo genericamente i diritti dell'uomo astratto; tutti diritti questi che si devono ancora affermare anche nelle regioni del mondo dove
la civiltà per la loro storia sembra che sia più avanzata. "Davanti a noi si prospettano alternative radicali. Globalizzazione attraverso il mercato o globalizzazione attraverso i diritti?". La risposta è ovviamente all'interno
della seconda parte della domanda e deve attuarsi in una prospettiva sempre nuova attraverso un "costituzionalismo globale per una costituzione infinita". Un uomo con tali idee, certamente, farà sentire gli italiani più capaci di imboccare
la strada giusta del progresso non solo economico, ma anche etico e culturale stagliando ad essi un orizzonte immenso e benefico del tipo di quello raffigurato nell'immagine.
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